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Posts Tagged ‘Energia Meccanica’

Sogno: un signore mi ruba il cappello. Diamine il mio cappello, l’avevo lasciato sul comodino. Era un cappello a bombetta, marrone, bello insomma.
Mi sveglio: “bene” mi dico “era solo un sogno”. Mi giro verso il comodino. Il mio cappello a bombetta marrone non c’era, sostituito da un banale cappello a bombetta nero. Chi aveva preso il mio cappello?
Ho già il fiatone, sto correndo come un pazzo. Alle calcagna Ugo Foscolo mi insegue brandendo un’accetta.
Mi chiedo perchè Ugo Foscolo mi voglia morto, ma è non trovare una risposta alla domanda ‘chi ha preso il mio cappello’ che non mi fa dormire la notte.
Correre: ora posso pensare solo a questo. Sono in un corridoio lunghissimo, mi volto e Foscolo è sempre più vicino; continuo a correre, salto un comodino, in fondo al corridoio una porta; la apro e sono in cima ad una rampa di scale, scendo; Foscolo è ancora dietro di me.
Salto i gradini, lui è dietro di me, lancia urla agghiaccianti; io corro.
Ancora scale.
Un cartello: “fine delle scale: 3 parsec”
Supero la Proxima Centauri.
“2 parsec”.
Oltrepasso un cartello “Uscita stella Sirio”
“1parsec”.
Supero la stella Deneb.
Sono fuori. Cosa devo fare?
Un cartello enorme con una freccia verso destra mi indica “Via del Signore”. Ecco! Devo andare da quella parte, sarà lì che abita il signore che m’ha preso il cappello. Devo ricominciare a correre. Ugo Foscolo è scomparso.
Corro, corro tantissimo. Strada buia, i lampioni sono rotti, la strada è bagnata. Una fermata dei pulman, un cartello “partenze – capolinea Casa del Signore”. <Questo è il mio autobus>.
Un tipo con cappello a bombetta azzurro, sciarpa indaco ed giubotto celeste esageratamente grande mi fa segno di guardare in direzione del suo indice: era il mio pullman. <Carpe Diem> mi fa . Mi volto dall’altra parte per frenare l’istinto di saltargli addosso. Il tempo di rigirarmi verso di lui per chiedergli se avesse visto un signore con un cappello a bombetta marrone, ma era già andato via. Come diamine faccio ora? Potrei chiamare un taxi, ma non ho soldi.
Prendo il pacchetto di sigarette, un fiammifero, me ne accendo una. Mi siedo sulla panchina; devo arrovellarmi il gulliver. Mi sono seduto su qualcosa, mi alzo: un portafoglio. Lo apro, guardo la carta d’identità: era IL portafoglio del tizio. Si chiamava Orazio. Ed aveva anche dei soldi: 23 sesterzi.
Fischio ed un taxi giunge sgommando. <ALLA CASA DEL SIGNORE!!>
“Ser! Ser! Give me my money, please! Ser! SER!” Il tassista mi scuote con entrambe le mani. Mi ero addormentato. Gli dò i sesterzi, spero vadano bene. In effetti il tipo si accontenta e si allontana con la sua 500 gialla.
Una folla di gente si dirige verso la direzione opposta alla quale sono venuto. Un sacco di gente a piedi. Ci vado pure io. Arriviamo davanti ad un palco:
“Little Lamb who made thee
Dost thou know who made thee
Gave thee life & bid thee feed.
By the stream & o’er the mead;
E io, all’unisono con l’attore sul palco:
By the stream & o’er the mead;
Gave thee clothing of delight,
Softest clothing wooly bright;
Io lo conosco. E’ William Blake. Ha un gilet, delle scarpe a punta, un bastone, un bianconiglio in mano ed un cappello a bombetta marrone. William Blake m’ha rubato il cappelo.
“HEEEY. HEEEEEY. IL CAPPELLO, SPORCO LADRO!!”.
Mi avvicino al palco facendomi largo tra la folla, ma William Blake mi nota e abbandona tempestivamente la scena: scappa a bordo di una macchina che riportava sulla portiera la scritta:”Energia Cinetica”. Accanto a quella c’era un altra auto: “Energia Potenziale”. Le chiavi sono attaccate. Le giro. Accelero. Imbocco una strada “Campo conservativo”.
Un cartello di divieto ad inizio strada mi indica di non superare la velocità di “ΔK+ΔU=Δ(K+U)”
Accelero. La lancetta della velocità si alza, ma continua ad indicare “L= -ΔU”
Raggiungo quasi Blake. Lui rallenta a vista d’occhio. L’ho affiancato. Dove cazzo è il pedale del freno??! Tiro il freno a mano, non si alza, tiro con più forza, me lo ritrovo in mano. Ma intanto ho superato di tantissimo la macchina di Blake. All’improvviso riprendo a rallentare, l’auto di Blake torna ad accelerare, mi supera, poi rallenta e la supero io, e così per l’infinito.
Dopo finisce la benzina e io scendo, barcollo, vomito, mi guardo intorno, neanche l’ombra di Blake. Dannato Blake.
Dove sono finito?
Sono finito in un deserto. Solo io. Io ed una pietra. Cammino, ed incontro altre pietre. Le raccolgo tutte, ne ho tantissime, le tasche piene. Ci faccio un disegno. Disegno il mio cappello. Accanto a me c’è un altro tizio che ha appena terminato un disegno fatto con pietre, come me. “Come l hai chiamato?” gli faccio io. “L’urlo”. Mi fa lui. “Conosci William Blake?” Gli faccio io. “Sì, è passato prima da qui. Aveva un bel cappello a bombetta marrone. Tipo quello” e indica il mio disegno. “Verso dov’è andato?” gli faccio io.
“E’ morto”.
“COME è MORTO? AVEVA IL MIO CAPPELLO!”
“Ghigliottinato. C’è il terrore nero, per ora. I giacobini tagliano la testa a tutti, per ora. Proprio a tutti. A che ti serve un cappello, quando non c’hai più una testa su cui mettercelo?”
Corro verso la direzione indicatami dal tipo che diceva di chiamarsi Edwards. Ma un momento. Il tipo non mi ha mai detto di chiamarsi in quella maniera. E soprattutto non mi ha indicato nessuno direzione. Bhe, pazienza, ormai sto correndo.
“Forza! Non vorrai prendere un voto basso nel test? Corri!”.
“Oh, salve prof, qual buon vento?”
Lei era lì, la prof di educazione fisica, col cronomentro in pugno, e la sua testa inclinata un po’ così, non potevo prendere una nuova insufficenza.
Corro tantissimo. Corro e la prof mi insegue. Corro più veloce e vedo Foscolo con l’accetta, comparso da dove solo Dio lo sa, che mi insegue. Corro più veloce, supero porte, scale di fuga, scale di do, scale di re, violini, viole, rose, rosanna, cuore di panna, la capanna, un tabacchino (era chiuso), un girotondo ed un pozzo senza fondo; intanto mi volto e loro continuano a inseguirmi.
Si è aggiunto anche Blake, senza testa, alla guida dell’auto dell’energia cinetica.
E mi insegue la prof di lettere, Manzoni, e poi gli altri insegnanti, e Saffo, Kant, Shakspeare, un Buco Nero, il Discobolo, James Joul, la bidella del piano di sopra, la macchinetta delle merendine, il paninaro, le giustificazioni, i muri del bagno, la campanella, mi inseguono tutti.
Io guardo l’ora, sono le 08.32, il preside non mi permetterà mai di entrare a quest’orario.
No, davvero, non credo di farcela: se smetto di correre quelli mi prenderanno, se continuo a correre arriverò comunque in ritardo a scuola. Che senso ha continuare ad esistere?
Davanti a me c’è un altro uomo che sta correndo, chissà da cosa fugge, lo raggiungo, non smettiamo di correre, lui si volta e mi guarda, ha un sorriso invecchiato, credo faccia più fatica a sorridere che a correre, mi dice ‘esisti perchè pensi’.
‘Se lei conosce questo metodo per non esistere più, allora perchè non lo usa?’
‘Cosa ti fa credere che vorrei usarlo?’
‘Mi verrebbe difficile credere il contrario piuttosto’
‘Bhe, se è una decisione così semplice per te, lascio che tu la prenda subito allora’
‘Ebbene: adesso non voglio esistere più’
‘Il solo fatto che tu pensi di non voler esistere più ti manterrà incollato a questo posto’
‘E allora?’
‘E allora non pensarci, non pensarci affatto’
‘Ah già, come ho fatto a non pensarci prima. Ebbene, la lascierò qui a correre, se le piace così tanto. Addio’
‘Ancora qui?’
‘Già’
‘Non è che ti starai appassionando alla corsa?’
‘No, non è il mio sport. E lei?’
‘Neanche’
‘E’ che mi piace pensare di esserci’
‘Sì, anche a me’.

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